Retroscena letterari: Com'è nato Una come te


 "Qui in Giappone ho capito velocemente che non c'è scampo per le emozioni, le senti tutte dalla prima fino all'ultima, fino all'anima, fino al midollo".

Sono passati ben undici anni da quando, mentre fuori pioveva nonostante fosse Maggio inoltrato, con mio figlio Noah in braccio, scrivevo una bozza di un racconto, proprio per lui, per mio figlio. 

Non aveva ancora compiuto un anno e abbiamo vissuto in simbiosi per mesi, forse viviamo ancora così, anche se è ormai più alto di me, ma quel pomeriggio, il racconto era per quel frugoletto dagli occhi  verdi. Avevo da poco pubblicato Le montagne degli immortali e volevo restare sulla stessa scia, romantica e ricca di speranza. Scrissi di getto la storia di Takayuki e Mitsue, ispirandomi alla cultura giapponese, che amo molto e con cui ho un legame speciale, ho tre nipotini italo giapponesi, (in qualche modo era scritto da qualche parte, no?) 

Mitsue era uno yurei, che nella cultura antica giapponese è uno spirito errante che non trova pace, Takayuki uno squattrinato attore senza arte né parte, privo di qualunque iniziativa, rassegnato alla sua vita scomoda e piena di delusioni. Il loro  incontro fa scattare qualcosa che smuove persino la pigrizia del giovane attore, il resto è da scoprire leggendo Una come te, perché questa leggenda da me inventata, si trova al suo interno. Nata come racconto per intrattenere Noah, è diventata il fulcro di una storia parallela pur comparendo soltanto alla fine della narrazione. Infatti per questa storia volevo di più e così iniziai a scrivere, quando potevo, Il canto nel vento. Era questo il titolo con cui pubblicai poi nel 2011 su una poattaforma di self guidato, ma di questo ho già parlato abbondantemente nei precedenti articoli, per cui non voglio annoiarvi.

Quando mio figlio era piccolo immaginate quanto fosse difficile conciliare tutto e soprattutto mantenere la concentrazione, ne approfittavo quando la domenica andavamo da mia madre  e loro due passavano del tempo assieme. Ricordo ancora che il primo capitolo lo terminai mentre mia madre cercava di farlo addormentare. In quegli anni tutto era quieto e sereno, questo traspare apertamente dalle pagine del romanzo, in cui scelsi come protagonista una voce maschile, che narrasse in prima persona la sua meravigliosa esperienza. Forse immaginai che potesse essere mio figlio stesso un possibile narratore, per regalargli la possibilità di avere voce nonostante dicesse solo alcune parole. Mi auguro che un giorno lui apprezzi il mio lavoro e che legga almeno uno dei miei romanzi, al momento lui sta amando tanto Jules Verne, e vorrei dire, non c'è paragone, lo so!

Nella prima pubblicazione la storia era interamente ambientata in Giappone e restava molto rinchiusa in un mondo che a quei tempi era ancora considerato di nicchia. Quando la piattaforma dove il libro era pubblicato chiuse perché soppiantata da Amazon, pensai subito che avrei rivisto il testo e dato freschezza al racconto rendendolo più attuale. Ma ci fu una bella sorpresa, diventai mamma per la seconda volta e la mia piccola Luna mi portava via quel poco di tempo in più che riuscivo a concedermi con il maschietto. 

Ci sono voluti ben cinque anni prima di rimettermi al lavoro su quel testo. Nel frattempo però avevo scritto altro, ed ero approdata in casa editrice, ma di questo ne parlerò prossimamente.

Dal 2011 al 2016 avevo maturato più consapevolezza e il desiderio di arrivare più su di una semplice soddisfazione personale, come era stata fino a qualche anno prima. Così dopo due pubblicazioni con Lettere Animate Editore decisi che avrei lavorato sul testo de Il canto nel vento. Era il 2017, un anno faticoso, avevo iniziato  il lavoro di cui vi parlo nell'articolo dedicato a Il caffè dell'amore; avevo tempo per scrivere solo la notte e stava per essere pubblicato il nuovo disco di Cesare Cremonini, quindi anche in questo caso la musica giocava un ruolo importante.

Come un lampo, il protagonista divenne italiano, bolognese e anziché uno scrittore, un cantante in crisi con il mondo intero. Il titolo cambiò in Una come te, la canzone che mi ha "salvata" da un periodo nero, faticoso. Sorvolando su questo, ma un accenno era dovuto poiché spesso quando parlo di Cesare Cremonini non riesco a rendere l'idea del perché un racconto che era nato per distrarre mio figlio, sia diventato un romanzo dedicato al mio cantante del cuore. Se lui sapesse quello che è riuscito a fare per me, si sentirebbe al settimo cielo, come me anche per altri sarà lo stesso:un salvatore romantico. Ovviamente mentre scrivo questo articolo la sua voce corre su Spotify, trovate la playlist dedicata al romanzo. 

"Quella spensieratezza è scivolata via nel tempo. Non riesco neanche a ricordare che cosa mi abbia fatto cambiare tanto. Mi sento in colpa con me stesso". 

È un viaggio forzato in Giappone che spinge Eros Canè a mettersi in discussione e a cercare dentro di sé risposte a domande che ignorava per paura, pigrizia, ipocondria. Il suo fascino si mescola in maniera perfetta con la terra del Sol Levante poiché nel suo animo Eros tiene chiuso la sua "tradizione" i suoi ricordi come un tesoro pronto ad offrire gioia e soddisfazione, proprio come il Giappone rinchiude in sé un passato che riemerge pian piano nei gesti quotidiani, nelle usanze ancora radicate nella vita di tutti i giorni. 

E sa da una parte c'è Mitsue, lo yurei, dall'altra c'è Cat (Caterina Nakamura) che appare come una visione, ma è concreta come il temporale che li coglie d'improvviso e come la passione che lega profondamente lei ed Eros. Caterina non è un nome scelto a caso, ho pensato a Catherine di Cime tempestose, al suo fardello e al suo amore mai appagato se non, forse, dopo la morte anche di Heathcliff. 

Nella mia storia trionfa non solo l'amore vicendevole che unisce i due protagonisti, ma la consapevolezza che la felicità è su questa terra, unisce, non divide, anche dopo anni, dovunque siamo e ovunque andiamo. Forse è il destino a cui Eros non crede, forse è una forza superiore alla nostra volontà, ma se abbiamo un'anima affine alla nostra, prima o poi la ritroveremo. 

"La distanza non potrà dividerci, il vento ci unirà ancora infinite e innumerevoli volte" 

Concedetemi ancora qualche parola: questi versi che chiudono il romanzo, li scrisse per me mio marito, nel 2003 quando eravamo ancora fidanzati. La chiusura migliore per uno dei romanzi a cui sono particolarmente affezionata. 

Alla prossima ☺️

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Una come te




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